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Fondi pensione aperti e chiusi: cosa c’è da sapere

13/02/2024

Volenti o nolenti il tema della pensione tocca tutti indistintamente. Vi abbiamo già parlato di fondo di previdenza complementare evidenziando la sua crescente importanza e il suo funzionamento. Il passo successivo è quello di entrare nel dettaglio di due tra i prodotti che ne rappresentano il cardine: i fondi pensione aperti e chiusi. Ma prima, giusto per riannodare un attimo i fili, è utile fare un breve riassunto. Nel post precedente dedicato al tema abbiamo visto che, in sostanza, la previdenza italiana poggia su tre pilastri:

  • il primo è quello della previdenza pubblica, quindi, in sostanza, INPS e casse previdenziali di categoria;
  • il secondo è la pensione complementare collettiva;
  • il terzo è quello dei fondi pensionistici e degli altri prodotti previdenziali individuali.

I fondi pensione chiusi e i fondi pensione aperti rientrano, rispettivamente, nel secondo e nel terzo pilastro. Vediamo di capire, con l’ausilio delle informazioni fornite dalla COVIP, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, in cosa si differenziano e come funzionano.

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Che differenza c'è tra fondo pensione aperto e fondo pensione chiuso?

fondi pensione aperti e i fondi pensione chiusi sono due tipologie di fondi pensione che differiscono principalmente per il loro accesso e la loro gestione.

La differenza principale tra un fondo pensione aperto e uno chiuso sta nell’accesso e nella gestione: il fondo pensione aperto è accessibile a chiunque e offre una maggiore flessibilità nella gestione dei fondi, mentre il fondo pensione chiuso è riservato a specifici gruppi o entità e può avere regole di partecipazione e decisioni di investimento più rigide.

Iniziamo dal secondo pilastro, e quindi dai fondi pensione chiusi. Questi veicoli sono chiamati anche fondi “negoziali” perché nascono principalmente nell’ambito della negoziazione contrattuale tra lavoratori e datori di lavoro.

Più nello specifico, un fondo pensione chiuso può essere istituito in base a:

• un contratto collettivo;
• un accordo fra i soci lavoratori di una cooperativa;
• un accordo tra lavoratori autonomi e liberi professionisti promosso dai relativi sindacati o associazioni di categoria;
• una legge regionale.

Ne consegue che possono sottoscriverli, sempre che lo vogliano, solo:

• i dipendenti del settore privato che appartengono alla stessa categoria contrattuale, impresa, gruppo di imprese o territorio;
• i dipendenti pubblici;
• i soci lavoratori di cooperative;
• i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, anche organizzati per aree professionali e territoriali.

Sono definiti “chiusi” proprio perché non destinati alla totalità dei risparmiatori. Al contrario dei fondi pensione aperti, ai quali possono invece aderire tutti coloro che, indipendentemente dalla situazione lavorativa, vogliono, per loro iniziativa individuale, predisporre un’entrata integrativa futura rispetto all’assegno pensionistico pubblico.

Chi istituisce e chi gestisce il fondo previdenziale?

Il fondo pensione chiuso (o negoziale) è promosso dagli stessi soggetti coinvolti nella negoziazione, ma la gestione è affidata a intermediari professionali specializzati – banche, imprese di assicurazione, società di intermediazione mobiliare e società di gestione del risparmio – attraverso apposita convenzione. I soldi raccolti sono custoditi presso un depositario autorizzato.
Il fondo pensione aperto, invece, è istituito e gestito dallo stesso soggetto, che può essere una banca, un’impresa di assicurazione, una SGR o una SIM. Anche in questo caso le risorse finanziarie sono custodite presso un depositario autorizzato. Il patrimonio del fondo è separato e autonomo rispetto a quello della società istitutrice e quindi al sicuro, perché non può essere utilizzato per soddisfare i creditori della società.

Ma come avviene l’adesione?

In entrambi i casi, l’adesione avviene è su base volontaria. Ma – repetita juvant – ogni fondo pensione chiuso (o negoziale) è rivolto a una determinata categoria di lavoratori e può aderire solo chi ne fa parte. Al fondo pensione aperto, invece, può aderire chiunque, anche chi non svolge alcuna attività lavorativa.
In ogni caso, prima di sottoscrivere il modulo di adesione, il risparmiatore deve compilare un questionario di autovalutazione. È un passaggio essenziale, che serve a fare il punto sulle sue conoscenze previdenziali, sulla sua situazione personale e sulle sue aspettative pensionistiche: sarà in base a queste informazioni che potrà orientarsi verso la linea di investimento a lui (o lei) più adatta.

Tante linee di investimento

Il fondo pensione – sia esso aperto o chiuso – offre infatti all’aderente una o più linee di investimento (dette anche “comparti”), ognuna caratterizzata da un mix di strumenti finanziari che tiene conto anche dell’orizzonte temporale dell’investimento e da una specifica relazione tra rischio e rendimento. Ecco le principali:

• garantita: offre una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di determinati eventi;
• obbligazionaria pura o mista: investe solo o prevalentemente in obbligazioni;
• bilanciata: investe tendenzialmente in azioni e in obbligazioni nella stessa percentuale;
• azionaria: investe in azioni.

In ogni caso, c’è una regola aurea da tenere bene a mente: prima di procedere all’adesione e alla scelta della linea di investimento, bisogna non solo sapere quanti anni mancano alla pensione di base o averne almeno una stima, ma anche essere consapevoli della propria capacità di risparmio e conoscere il livello di rischio che si è disposti a sostenere (una regola, questa, sempre valida quando si costruisce un portafoglio). E siccome i costi incidono sui risultati, è saggio anche informarsi su quelli delle varie linee di investimento, posto che la scelta non è definitiva e può essere modificata.

Chi (e come) versa i contributi

Nei fondi pensione chiusi, questa decisione dipende dalla situazione professionale. Per i dipendenti, i versamenti sono in parte a carico dell’azienda – un contributo, questo, al quale il lavoratore ha diritto solo se effettua il suo versamento – e in parte a carico del lavoratore.
Poi c’è tutto il discorso sul Trattamento di Fine Rapporto (o TFR), cui abbiamo fatto cenno nel post precedente: il TFR, infatti, può confluire in tutto o in parte nel fondo pensione chiuso. Anzi: volendo si può versare solo il TFR, senza altri contributi da parte del dipendente e della sua azienda.
Autonomi e liberi professionisti, invece, devono provvedere ai versamenti nel fondo pensione chiuso per conto proprio. Così come chi decide di aderire a un fondo pensione aperto. Salvo che, in questo caso, se l’aderente ha un datore di lavoro, quest’ultimo può decidere di contribuire al fondo pensione aperto scelto dal dipendente. Una volta maturati i requisiti per la pensione obbligatoria, l’iscritto che abbia partecipato alla previdenza complementare per almeno cinque anni può trasformare la sua posizione in una rendita aggiuntiva, calcolata in base all’età e al capitale accumulato.

di AdviseOnly

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L’articolo è di carattere divulgativo aggiornato alla data di pubblicazione. Per conoscere l’offerta della Banca consulta l’area Prodotti.

 

 

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