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Corsa all’idrogeno: le ambizioni della transizione green fra Bruxelles e Pechino

27/06/2022

Eolico, solare ed elettrico: l’abbandono dei combustibili fossili per soddisfare il fabbisogno energetico di famiglie, imprese e strutture pubbliche è un passo fondamentale verso un’economia sostenibile. Nell’immaginario comune, le strade tracciate dalla tecnologia conducono all’energia solare e alla forza del vento. Tuttavia, ad oggi, gli impianti esistenti non consentono di rinunciare al petrolio e ai suoi derivati. Per questo motivo, le principali economie mondiali progettano di investire su un’altra fonte di energia versatile, sicura e pulita: l’idrogeno.

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Un universo di possibilità

L’idrogeno è l’elemento più diffuso nell’universo conosciuto e compone il 73%[1] della materia della nostra galassia. Tuttavia, l’idrogeno non è disponibile in natura come gas, la sola forma utilizzabile come fonte di energia, poiché legato ad altri elementi, come l’ossigeno nell’acqua o il metano. Ciò significa che l’idrogeno richiede processi di estrazione specifici che, in alcuni casi, producono anidride carbonica.

L’idrogeno può essere “grigio”, ossia ottenuto tramite grandi quantità di energia alimentate da combustibili fossili, oppure “verde”, ossia estratto tramite processi al 100% green. Secondo l’AIE[2], il consumo globale di idrogeno è di circa 75 mln di tonnellate all’anno, seppur nella maggior parte in forma “grigia”. La ragione è economica: il costo di produzione di idrogeno sporco è di 0,5-1,7 dollari al Kg contro i 3-8 dollari al Kg della sua forma pulita. [3]

[1] Di che è fatto l’Universo – Speciale Focus Scienza

[2] Energy Technology Perspectives 2020 – International Energy Agency

[3] ETC Global Hydrogen Report 2021

Europa a più velocità

La spinta propulsiva alla ripresa post pandemica del Next Generation EU giocherà un ruolo centrale nello sviluppo dell’idrogeno come fonte rinnovabile. L’Europa, tuttavia, viaggia a velocità diverse. La Commissione Europea prevede investimenti fra i 180 e i 400 mld € fino al 2050, ossia la data in cui l’economia dell’Unione dovrà essere decarbonizzata, con la quota di idrogeno pulito utilizzata in crescita dall’attuale 2% fino al 14%. Tuttavia, i Recovery Plan dei Paesi membri attribuiscono allo sviluppo dell’idrogeno quote diverse e più basse in percentuale rispetto ad altre fonti energetiche. In termini assoluti, la Spagna è la nazione che spenderà di più (3,6 mld €), seguita da Francia, Germania e Italia.

Il PNRR  italiano, in particolare la Missione 2 , si concentra su tre aspetti principali in tema di idrogeno, focalizzandosi sui settori “hard-to-abate”, ossia le industrie più inquinanti e difficili da riconvertire, come ad esempio acciaierie e raffinerie. Una novità nella gestione del sistema energetico nazionale che dovrà essere accompagnata da una riforma del quadro normativo.

500 mln € saranno stanziati per creare 10 “Hydrogen Valleys”, aree industriali con economia basata sull’idrogeno prodotto e stoccato localmente, sfruttando gli spazi industriali ad oggi inutilizzati. 450 mln € saranno dedicati alla produzione di elettrolizzatori, ossia i dispositivi che consentono di separare l’idrogeno dall’ossigeno nelle molecole d’acqua, per ottenere circa 1 gW di capacità di elettrolisi entro il 2026.

Obiettivi difficili da raggiungere senza la ricerca scientifica, alla quale il PNRR dedica 160 mln € per sviluppare la fase di produzione, stoccaggio e distribuzione, aumentare la competitività e diminuire i costi.

Da cerchiare in rosso sul calendario il 30 giugno 2022, data entro la quale l’Italia dovrà aver avviato tutti i progetti relativi all’idrogeno per rispettare la tabella di marcia europea e ricevere i finanziamenti.

Idrogeno verde: un obiettivo prioritario per Pechino

La corsa all’idrogeno non riguarda solo il mondo occidentale. La Cina è da anni il peggiore inquinatore globale: nel 2020, Pechino ha aumentato la capacità di produzione delle centrali a carbone in quantità tripla rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo messi insieme.[1] Il nuovo Piano Quinquennale di Xi Jinping, tuttavia, si muove verso la decarbonizzazione nel 2060 e l’idrogeno verde sarà uno degli alfieri del cambiamento.

Sinopec, colosso petrolifero controllato dal Partito, sta costruendo il più grande impianto del mondo per la produzione di idrogeno verde a Kuqa, contea dello Xinjiang. Un’operazione da 416 mln € per una struttura che produrrà 20mila tonnellate all’anno a partire da giugno 2023, affiancata da una centrale solare da 300 megawatt. Un progetto che ridurrà le emissioni di 485mila tonnellate di gas serra all’anno.

Nel 2021 la Cina è stata il maggior produttore di idrogeno mondiale, sebbene solo il 4% del totale fosse “verde”. Eppure, Pechino è indietro rispetto alle altre economie avanzate in termini di stoccaggio e trasporto[2]. Un gap che il presidente Xi intende colmare il prima possibile, con conseguenze per tutti i player di riferimento, Italia inclusa.

[1] Global Energy Monitor – CREA febbraio 2021

[2] Michal Meidan – Director, China Energy and Gas Research Programmes, Oxford Institute for Energy Studies – intervento ISPI maggio 2021

Il mare per salvare il pianeta

Il costo relativamente elevato di produzione e la tecnologia di estrazione non ancora perfezionata spiegano le differenze strategiche fra le principali forze geopolitiche in tema di idrogeno verde. La soluzione potrebbe arrivare da una delle vittime più colpite dall’azione umana sull’ambiente: il mare.

L’acqua marina consente un’elettrolisi non inquinante, creando una sorta di “economia circolare” dell’idrogeno con l’energia fornita dal moto ondoso e dalle maree. Ad oggi, il 40% della popolazione mondiale vive a meno di 100 km dal mare, aspetto importante per la progettazione di gasdotti dedicati.

Insomma, la ricerca scientifica assieme al naturale movimento dell’oceano potrebbero fornire l’energia per alimentare l’economia e, allo stesso tempo, lasciare in eredità un mondo più pulito alle future generazioni.

Contenuti editoriali a cura di ClassCnbc

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