Previdenza complementare: cos’è, come funziona e vantaggi

Il tema delle pensioni è sempre attuale e ci riguarda tutti da vicino, ma la tendenza tra le generazioni giovani è quella di rimandare il più possibile il momento in cui affrontare attivamente il proprio futuro previdenziale.
Le cose però sono cambiate profondamente rispetto al passato: complici l’aumento dell vita media della popolazione da un lato e l’età di avvitamento al mercato del lavoro dall’altro. In futuro ci saranno sempre più anziani e sempre meno lavoratori a versare i contributi per garantire loro una pensione.
Tale evoluzione demografica sta spostando l’attenzione al tema Previdenziale sul singolo individuo. È necessario occuparsi in prima persona dell’accantonamento di risorse per potersi garantire una certa serenità al ritiro dal mondo del lavoro. Oltre alla pensione pubblica – frutto dei contributi versati – esiste infatti tutto un universo chiamato previdenza complementare, e dedicato proprio a chi vuole integrare attivamente il proprio futuro previdenziale.
Cos'è la previdenza complementare?
La previdenza complementare è una forma di risparmio pensionistico volontario, pensata per integrare l’assegno previsto dalle forme pensionistiche obbligatorie. In Italia, il sistema previdenziale si articola infatti su tre pilastri:
- Previdenza obbligatoria: è il trattamento pensionistico di base, gestito dall’Inps o dalle casse professionali, e finanziato dai contributi versati durante la vita lavorativa.
- Previdenza complementare collettiva: prevede l’adesione tramite contratti collettivi o aziendali, spesso associata a fondi pensione chiusi.
- Previdenza complementare individuale: consente al singolo lavoratore di costruire una rendita aggiuntiva in modo autonomo, scegliendo strumenti come PIP o fondi pensione aperti.
Chi può aderire alla previdenza complementare? In sostanza, tutte le tipologie di cittadini:
- Lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato
- Lavoratori autonomi e liberi professionisti
- Collaboratori coordinati e continuativi
- Soci lavoratori di cooperative
- Soggetti privi di reddito da lavoro, anche se non contribuenti obbligatori
Quali sono le forme di previdenza complementare
La normativa italiana prevede quattro principali strumenti per integrare le forme pensionistiche obbligatorie:
- Fondi pensione chiusi (negoziali)
- Fondi pensione aperti
- PIP – Piani Individuali Pensionistici
- Fondi pensione preesistenti al D.lgs. 124/1993
Queste forme sono regolate da COVIP, l’autorità che ne garantisce trasparenza e sicurezza, e si differenziano per modalità di adesione, gestione e destinatari.
Fondi pensione aperti e chiusi
I fondi pensione chiusi nascono da accordi collettivi tra sindacati e aziende, e sono destinati a specifiche categorie di lavoratori (ad esempio, metalmeccanici o dipendenti pubblici). In genere, offrono costi di gestione contenuti e beneficiano spesso del contributo del datore di lavoro.
I fondi pensione aperti sono invece istituiti da banche, compagnie assicurative o società di gestione del risparmio e sono accessibili a chiunque: lavoratori autonomi, liberi professionisti o dipendenti privi di un fondo negoziale.
I PIP
I PIP sono, come suggerisce il nome, piani pensionistici a carattere individuale. L’adesione a un PIP è una scelta individuale del risparmiatore che, volontariamente, decide di sottoscrivere uno strumento per garantirsi una rendita pensionistica maggiore.
Per investire nei Piani Individuali Pensionistici è necessario che il risparmiatore effettui versamenti periodici secondo le modalità stabilite al momento dell’adesione e personalizzabili secondo le proprie esigenze. I risparmi versati vengono poi investiti sui mercati finanziari, nel modo, scelto dal sottoscrittore attraverso le linee di gestione disponibili del prodotto previdenziale.
Come funziona il TFR in un fondo pensione?
Uno degli aspetti interessanti della previdenza complementare è la possibilità di destinare il proprio Trattamento di Fine Rapporto a un fondo pensione.
Il lavoratore del settore privato deve decidere cosa fare entro sei mesi dalla prima assunzione: può scegliere di destinare il TFR a una forma di previdenza complementare oppure di lasciarlo presso l’azienda. È una scelta cruciale, perché il TFR, se lasciato in azienda, viene rivalutato ogni anno secondo un tasso fisso (1,5% + 75% dell’inflazione). Se invece viene conferito a una forma pensionistica, viene investito sui mercati finanziari, con rendimenti potenzialmente superiori.
Se il lavoratore non esprime alcuna preferenza entro il termine previsto, entra in vigore il meccanismo del silenzio-assenso: il TFR viene automaticamente trasferito nel fondo pensione previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Nel caso in cui siano previsti più fondi, il TFR confluirà in quello a cui è iscritta la maggioranza dei dipendenti.
La pensione integrativa conviene?
Sebbene ogni scelta dipenda dalla situazione personale, in molti casi aderire a una pensione integrativa può rivelarsi vantaggioso, soprattutto in un contesto in cui l’assegno pensionistico pubblico rischia di non essere sufficiente a mantenere il tenore di vita acquisito.
Tre aspetti, in particolare, rendono la previdenza complementare una soluzione da considerare:
- Vantaggi fiscali: i contributi versati sono deducibili dal reddito complessivo (fino ad un limite prefissato).
- Gestione professionale del risparmio: i fondi pensione e i PIP sono strumenti regolati, sottoposti alla vigilanza della COVIP. Offrono la possibilità di scegliere fra comparti di investimento con diversi livelli di rischio e rendimento, permettendo una pianificazione personalizzata.
- Flessibilità: la normativa consente, in determinate condizioni, di richiedere anticipazioni sul capitale accumulato, cambiare fondo pensione o optare per l’erogazione del capitale anziché della rendita.
Naturalmente, non esiste un fondo pensione “migliore in assoluto”: per capire quale tipologia di pensione integrativa scegliere, è importante valutare i propri obiettivi di lungo periodo, la propensione al rischio e il livello di contributi che si è disposti a versare, insieme a costi di gestione, presenza di contributi da parte del datore di lavoro, flessibilità del fondo e possibilità di versare il TFR.
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